Si chiama “ritortu” il tradizionale costume femminile di San Giovanni in Fiore. E il suo nome deriva dal particolare copricapo in lino bianco, elemento caratteristico e insostituibile dell’abito che le donne sfoggiavano nelle più importanti occasioni. Una corta giacca di stoffa nera, detta “corpittu”, spesso in velluto e con maniche larghe che si arrestano al gomito, ricopre la camicia (“cammisa”), con una profonda scollatura abbellita da un bordo di pizzo al tombolo.
Sempre nera la gonna (“gunnella”), ampia e pieghettata, di cotone o di flanella a seconda delle stagioni, accompagnata dal “sinadettu”, un grembiule nero di stoffa più pregiata e impreziosito da un orlo di merletto. Immancabili i gioielli in oro, con la collana formata di grani sferici vuoti (“jenacca”), gli orecchini pendenti (“oricchjini”), lo spillone per fermare il copricapo (“spinguda”) e la spilla (“motrò”) che chiudeva la camicia sul davanti. Certo i costumi tradizionali rappresentano uno degli aspetti più importanti e caratteristici della cultura popolare. S oggi è raro vederli indossati da non perdere è la raccolta di vecchie immagini esposta al Museo demologico di San Giovanni in Fiore, che presenta una parte del ricchissimo archivio di Saverio Marra, fotografo locale. Si scopre così che il “ritortu” era il vestito delle nozze, ma anche l’abito che le donne indossavano nelle feste e nelle cerimonie religiose, come nelle ricorrenze delle sempre numerose famiglie.
Ma era anche l’abito dei giorni di lutto, quando il copricapo bianco si velava di nero e i lunghi capelli, solitamente raccolti in piccole trecce ai lati delle tempie e in due crocchie sulla nuca, pendevano sciolti e scarmigliati in segno di dolore.